icon cerca

Cipria di Piero Bellotto apre la 16esima edizione di Poetè nella storica sede di Antinoo Arcigay Napoli

Cipria affronta debolezze e fragilità di un omosessuale nato negli anni ’70, ma l’autore non ha dubbi: Questo nostro oggi è ancora un tempo in cui è necessario lottare.

Cipria di Piero Bellotto apre la 16esima edizione di Poetè nella storica sede di Antinoo Arcigay Napoli

Cultura Queer

24 Gennaio 2025

Di: Claudio Finelli

Giunto al 16esimo anno di programmazione, tra le kermesse letterarie a tematica queer più longeve del Paese, Poetè apre la stagione 2024/25 presso la storica sede di Antinoo Arcigay Napoli, con il romanzo d’esordio di Piero Bellotto, Cipria, pubblicato per la casa editrice inKnot di Napoli.

Sabato 25 gennaio, alle 18:30, Claudio Finelli, delegato cultura di Antinoo Arcigay Napoli e creatore della rassegna insieme a Luciano Correale (che ne cura la comunicazione grafica) dialogherà con l’autore insieme agli editori, Tonia Zito e Ottavio Mauriello, e al regista e drammaturgo Mario Gelardi, da sempre impegnato in progetti culturali di contrasto a pregiudizi e discriminazioni. Le letture sono affidate all’attore Luca Buongiorno.

Cipria è un intenso memoir che narra la storia di Piero, un ex-danzatore alle prese con la perdita della madre Lula e il peso di un passato complesso. Attraverso una narrazione sensoriale e a tratti spietata, il libro esplora i nodi irrisolti del rapporto madre-figlio, un legame simbiotico intrecciato con l’alter ego oscuro Mamau, la precarietà lavorativa, le sfide dell’identità e il bisogno universale di appartenenza.

Il racconto segue il protagonista dall’infanzia segnata da pettegolezzi e bullismo legati alla sua omosessualità, al trasferimento a Milano, dove tenta di ricostruire una vita tra relazioni tumultuose, dipendenze e sogni infranti. È un viaggio di auto-esplorazione che cerca di trasformare debolezze e fragilità in elementi di forza e autenticità.

Per saperne di più, raggiungiamo telefonicamente Piero Bellotto.

Piero quando e perché hai deciso di raccontare, in forma di romanzo autobiografico e di formazione, la tua vita? C’è qualcosa che hai deciso di tacere o qualcosa che, col senno di poi, avresti preferito non restituire al lettore?

È successo subito dopo la pandemia: mi era stato regalato un test del DNA grazie al quale ho scoperto che le “storie di famiglia” non erano esattamente come mi erano state raccontate. Inizialmente, l’idea che avevo avuto era quella di regalare una struttura al mio lacunoso albero genealogico ma poi, cominciando a scrivere quelle vicende, mi sono reso conto di quanto (non troppo indirettamente) avessero condizionato la mia vita e le mie scelte. Per questo motivo gran parte del libro parla proprio di queste connessioni causa-effetto.

“Cipria” fa parte, a tutti gli effetti, del genere auto-fiction: ovviamente non tutto è vero e, al tempo stesso, anche le virgole sono autobiografiche. Per citare uno dei miei film preferiti (“6 gradi di separazione” di Fred Schepisi): “non tutto può diventare narrazione” ma, al tempo stesso, lo è.

Cipria racconta la formazione e le iniziazioni – sociali, sentimentali e sessuali – di un omosessuale nato approssimativamente negli anni ‘70. Quanto pensi possa essere assimilabile all’iter di formazione ed emancipazione di una persona omosessuale nata nel terzo millennio? Le difficoltà di un adolescente gay di oggi in cosa possono essere simili a quelle che, ad esempio, hai vissuto tu quando, adolescente, hai capito di essere omosessuale?

La mia recente e inaspettata condizione di gay di mezza età divorziato mi sta concedendo il privilegio d’interagire, almeno a livello social, con giovani uomini e con i loro percorsi esistenziali. Onestamente, ero convinto che alcuni dei problemi che ho vissuto negli anni ’80 fossero archiviati. Invece, la mia nuova esperienza sul campo, mi ha fatto comprendere quanto ancora il senso di colpa interiorizzato derivante dal sentirsi “non omologati” condizioni moltissimi di noi. Bullismo, problemi identitari, mancata auto-accettazione, interiorizzazione di archetipi sessuali di stampo patriarcale. È ancora tutto lì, incredibilmente vivo e vegeto. Ero sicuro che i ragazzi di oggi viaggiassero leggiadri e privi di condizionamenti culturali/religiosi verso nuove forme di pansessualità; invece, mi sono trovato a interloquire (nel 2025!) ancora con “insospettabili” e “discreti/fuori dai giri”.

Per contro, la situazione politico/sociale in tutto il mondo non è affatto confortante da questo punto di vista e m’induce a pensare che abbiamo posato a terra le bandiere rainbow troppo presto.

Questo nostro oggi è ancora un tempo in cui è necessario lottare.

Nella quarta di copertina del romanzo, leggiamo: “Cipria, memoir e romanzo di formazione, con un linguaggio sinestetico ma talvolta brutale e tagliente, afferma la necessità di mostrare la natura di se stessi, portando alla luce le proprie fragilità senza il timore di frammentarsi per riuscire a trovare una nuova forma”. Qual è la fragilità con cui è stato più difficile fare i conti e quale la nuova forma più interessante nata da fragilità?

La fragilità più difficile con cui ho avuto a che fare è la fragilità stessa: il fatto di sentirmi da sempre vulnerabile, in pericolo, in qualche modo inferiore, meno intelligente, meno attraente, meno performante, meno talentuoso, meno ambizioso (e ora anche meno giovane) … questa fragilità credo che mi abbia, in qualche modo, vaccinato alla vita e ai problemi che ogni giorno devo affrontare.

Come per altri aspetti del mio carattere c’è stato un momento in cui ho capito che questa fragilità poteva essere una risorsa. Un’arma incredibilmente potente, come lo era stata la verità nel dichiarare chi ero e chi sono. E devo ammettere che, tutto sommato, la mia fragilità mi ha salvato.