Rebibbia, il “Diario di Cella” di Gianni Alemanno: “Due gay in un cubicolo con WC a vista, violazione dei diritti umani”
L'ex sindaco di Roma, detenuto per violazione degli obblighi legati alla condanna per traffico di influenze illecite, racconta il sovraffollamento e le condizioni "disumane" tra follia amministrativa e diritti umani negati.
Gianni Alemanno, arrestato la notte di capodanno scorso, sta attualmente scontando la sua pena nel carcere romano di Rebibbia, dove ha trasformato il suo periodo di detenzione in un’occasione per denunciare le condizioni delle carceri italiane attraverso un “diario di cella” pubblicato periodicamente sulla sua pagina facebook.
Le sue denunce social non si limitano a raccontare l’esperienza personale, ma si concentrano sulla violazione dei diritti umani e sul sovraffollamento che affliggono gli istituti penitenziari.
Gianni Alemanno è tornato in carcere dopo la revoca della misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali. La revoca è stata disposta in seguito alla violazione delle prescrizioni relative alla sua condanna definitiva a un anno e 10 mesi per traffico di influenze illecite nell’ambito di uno dei filoni processuali dell’inchiesta “Mondo di mezzo”.
Secondo le decisioni del Tribunale di Sorveglianza, l’ex sindaco avrebbe violato gli obblighi imposti presentando falsa documentazione per giustificare assenze e incontrando in almeno tre occasioni un pregiudicato. I giudici hanno motivato la decisione sostenendo che Alemanno si è mostrato “incapace di adeguarsi alle regole”.
Il “Diario di cella 29”: sovraffollamento e “matrimonio combinato”
Il post pubblicato oggi, ma scritto due giorni fa, intitolato “DIARIO DI CELLA 29. DUE GAY IN UNA CELLA PER UNA PERSONA CON WC A VISTA. STORIA DI ORDINARIA FOLLIA DA SOVRAFFOLLAMENTO, OPPURE BRILLANTE IDEA PER GARANTIRE IL DIRITTO ALL’AFFETTIVITÀ?”, è un esempio lampante della denuncia di Alemanno.
Nel suo racconto dal “299° giorno di carcere,” Alemanno descrive la situazione di due detenuti, Zoran e Joao Victor, entrambi gay, costretti a convivere in un “cubicolo” per una sola persona a Rebibbia:
“Zoran e Joao Victor stanno realmente insieme nella stessa cella da una sola persona. Non solo, ma non hanno neanche il lavandino, mentre il WC (come in tutte le celle singole, dette ‘cubicoli’) è a vista senza nessuno schermo per difendere la privacy.”
La vicenda descritta espone il degrado e l’assenza di igiene e privacy. Uno dei due detenuti era stato inizialmente recluso in una cella priva di servizi igienici, costretto a utilizzare un secchio. La soluzione dell’Amministrazione è stata quella di trasferirlo nella cella già destinata a Zoran, installando un letto a castello e creando una condizione di sovraffollamento estremo:
“Hanno montato un letto a castello e così, dove c’è posto solo per una persona (in condizioni disagiate) adesso sono rinchiusi in due. Come abbiamo detto il lavandino non è stato ancora ricostruito, mentre c’è solo un WC che, come in tutte le celle singole, non ha nessuna copertura per garantire un minimo di privacy.“
Alemanno sottolinea come lo spazio a disposizione per ciascun detenuto sia di circa un metro quadro, una condizione che viola platealmente gli standard europei (che impongono almeno 3 mq) e che, per questo, dovrebbe essere dichiarata “inumana” ed equiparata alla “tortura” (come previsto dall’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo).
L’ex sindaco conclude con ironia e sarcasmo sulle motivazioni di questa scelta, domandandosi se sia il risultato della “ordinaria follia da sovraffollamento” o una distorta interpretazione del “diritto all’affettività” riconosciuto dalla Corte Costituzionale a gennaio 2024, ma che solo pochissimi istituti in Italia hanno adeguatamente attrezzato per permettere incontri intimi con il proprio partner.
“E, allora, vuoi vedere che l’Amministrazione abbia voluto rimediare per almeno 2 delle 1576 persone detenute, mettendole nella stessa cella? Peccato che si tratti di un matrimonio combinato e nessuno ha chiesto a Zordan e a Joao Victor se gradiscono questa soluzione.”
Il “Diario di Cella” si conclude con un appello all’intervento di qualcuno che possa ripristinare i diritti elementari per tutti i detenuti, affermando che a Rebibbia e in tutta Italia “siamo vicini al disastro.”
Le parole di Alemanno