L’interruzione di una relazione sentimentale alla base dell’omicidio-suicidio di Ilaria e Daniela?
Un fatto di sangue ha sconvolto la zona orientale del capoluogo partenopeo. La tragica notte di Daniela e Ilaria, un ultimo confronto che sfocia in tragedia. Possiamo parlare di femminicidio?

La notte tra il 21 e il 22 maggio 2025, tra Volla e Ponticelli, nel napoletano, si è consumata una tragedia che ha coinvolto due donne legate – a quanto pare – da una relazione sentimentale: Ilaria Capezzuto, 34 anni, e Daniela Strazzullo, 31 anni.
Si può parlare di possibile femminicidio nel caso di Volla?
La questione se il duplice decesso di Ilaria Capezzuto e Daniela Strazzullo possa essere definito femminicidio è complessa e richiede una riflessione attenta sulle definizioni e sulle dinamiche del fenomeno.
Tradizionalmente, il femminicidio si riferisce all’uccisione di una donna in quanto donna, spesso motivata da odio, senso di possesso o disprezzo per il genere femminile, e perpetrata da un uomo. La definizione più ampia, adottata anche a livello internazionale, include l’omicidio di donne basato sul genere. Questo può comprendere anche casi di violenza all’interno di relazioni intime, dove la vittima è una donna e l’aggressore un uomo.
Nel caso specifico di Volla, la dinamica descritta dagli inquirenti indica che Ilaria Capezzuto avrebbe sparato a Daniela Strazzullo, per poi togliersi la vita. Entrambe le persone coinvolte sono donne e la relazione era, a quanto pare, di tipo sentimentale. Sebbene Ilaria e Daniela fossero entrambe donne, il concetto di femminicidio si concentra spesso sulla violenza di genere perpetrata da uomini contro donne.
Questo non significa che la violenza tra donne non sia grave o che non debba essere condannata, ma la sua classificazione come “femminicidio” nel senso più stretto può essere oggetto di dibattito. Se l’atto di Ilaria fosse stato motivato dal senso di possesso, dalla gelosia, dal controllo o da una dinamica di potere distorta, questi elementi sono spesso presenti anche nei femminicidi perpetrati da uomini. Tuttavia, la narrazione predominante del femminicidio si concentra sulla disuguaglianza di genere e sul patriarcato come radice della violenza.
La violenza domestica e la violenza nelle relazioni intime non sono esclusive delle coppie eterosessuali. Anche nelle relazioni omosessuali possono esserci dinamiche di abuso, controllo e violenza, che meritano piena attenzione e riconoscimento. Quella cultura patriarcale del possesso, radice della violenza, potrebbe pervadere anche in coppie non eterosessuali o necessariamente composte da persone cisgender. Tuttavia, l’etichetta di “femminicidio” potrebbe non cogliere appieno la specificità di queste dinamiche quando non c’è una disparità di genere tra aggressore e vittima.
Il caso di Daniela e Ilaria evidenzia la necessità di affrontare tutte le forme di violenza all’interno delle relazioni, comprese quelle omosessuali, fornendo supporto e prevenzione a tutte le persone coinvolte. La distinzione terminologica non deve in alcun modo sminuire la gravità dell’accaduto o la necessità di comprenderne le cause profonde che hanno portato alla tragedia di Volla.
