Perché è così difficile fare coming out nello sport maschile?

«Sono omosessuale e non voglio più nascondermi». Con queste parole ha rivelato la sua identità sessuale il calciatore dello Sparta Praga, Jakub Jankto.

È di queste ore la notizia del suo coming out che si è riverberata anche in Italia visto che il 27enne ha giocato anche per diversi anni in Serie A. Ma perché la notizia del coming out di un calciatore fa ancora così rumore? La risposta è nei numeri ed è inequivocabile: semplicemente perché attualmente nel calcio italiano maschile non c’è notizia di omosessuali dichiarati.

Un migliaio di calciatori professionisti nei nostri confini e nessuno tra loro ha dichiarato di essere omosessuale. Un controsenso statistico che però racconta molto del movimento calcistico italiano e dello sport nostrano in generale. Anche negli altri sport, sempre maschili, le cose non sono diverse facendo pensare che si tratta di un problema di sistema più che di disciplina sportiva.

Non va meglio all’estero dove i coming out più famosi sono arrivati o a fine carriera o da figure meno importanti. Se continuiamo a parlare di calcio maschile c’è il caso dell’attaccante Justin Fashanu, morto suicida. Ci sono anche lo statunitense Robbie Rogers, lo svedese Anton Hysén e il tedesco ex Lazio, Thomas Hitzlsperger.

Se pensiamo, invece, agli altri sport i più famosi sono quelli del nuotatore Ian Thorpe, ormai però a fine carriera, e il tuffatore Tom Daley che raccontò tutto nel 2013. Non è un caso che si tratti di sport individuali. Ma perché è così difficile fare coming out negli sport di squadra? Sicuramente conta lo spogliatoio ma senza dubbio ancora di più lo stigma che lo sportivo deve portarsi addosso con successiva messa ai margini del movimento.

Ma cosa hanno le donne in più rispetto agli uomini, visto che in tante hanno fatto coming out nella propria carriera? Sono tanti i casi di sportive di livello che sono diventate delle vere e proprie icone come Megan Rapinoe, Carolina Morace o Paola Egonu. Sportive di altissimo livello che non hanno avuto remore nel dichiarare la propria omosessualità e impegnarsi anche attivamente per i diritti Lgbtqi+ come la Rapinoe.

Probabilmente la ragione più importante è da ricercare nell’influsso del patriarcato con tutti i suoi effetti negativi che riesce a segnare anche gli spogliatoi degli sport maschili. Perché il “macho” sportivo non può accettare di essere omosessuale e di raccontarlo liberamente in giro, pena l’esclusione dallo sport che conta. Questa è ancora adesso la situazione e c’è tanto lavoro da fare in un ambito che influenza ogni giorno milioni di giovani.

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