“I bambini non si toccano”, ma non sono tutti uguali

Famiglie Arcobaleno

Negli ultimi giorni l’Italia si è improvvisamente risvegliata e tornata garantista della legge, volendo dimostrare al paese che la legge stessa esiste. Purtroppo, però, non è uguale per tutti. Difatti non esistono sconti neppure per le bambine e i bambini italiani. Il recente blocco delle trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei figli nati da coppie omogenitoriali in Italia, per effetto della circolare del Prefetto di Milano, che a sua volta ha interpellato il ministero dell’Interno, di fatto, colpisce proprio i bambini. Non quelli che verranno o che potrebbero nascere, ma quelli che già sono nati, che esistono e che insieme alle loro famiglie, perché è bene ribadire che di famiglie si tratta, costituiscono e contribuiscono a formare il “popolo italiano”, tanto per usare qualche slogan da campagna elettorale.

E se a ragion del vero si può reputare legittima la nota diffusa dal consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Matteo Forte: “Non è che si scopra oggi l’illegittimità di quell’atto rivendicato dal palco del Milano Pride”, in riferimento all’istituzione di un registro nel comune di Milano che di fatto violerebbe la legge 40 del 2004, allo stesso tempo è legittimo chiedersi quali siano le intenzioni del governo Meloni e della ministra per la Famiglia Roccella per tutelare i bambini delle famiglie arcobaleno.

Il dato reale e concreto è che questi bambini vivono la loro vita in Italia, li abbiamo visti più volte e in tanti erano presenti a Milano al presidio “Giù le mani dai nostri figli e dalle nostre figlie”, in piazza con le loro mamme e i loro papà a chiedere diritti, a chiedere di essere riconosciuti uguali agli altri bambini di questo paese. Non è demagogia, è realtà. Esiste un buco legislativo che non può essere rimandato o eluso, ma che necessita di risposte chiare e tutele precise.

Sono passati pochissimi mesi dalle elezioni e per il governo Meloni i diritti sociali e civili sembrano non essere più temi “non prioritari”. I diritti diventano agenda politica, scontro tra ideologie. Un ritorno ad uno status quo ante che, però, tradirebbe le sue stesse finalità. C’è penuria di tutele. Quel lasciare fuori i bambini dagli egoismi personali è uno slogan ormai anacronistico, che non fa altro che andare a discapito dei bambini stessi. A giocar con le ideologie e con gli slogan elettorali si continua a lasciare una parte del paese nell’ombra.

A questo proposito abbiamo intervistato l’ex senatrice Pd, Monica Cirinnà a cui abbiamo chiesto cosa rappresenta davvero la nota del prefetto di Milano e l’interruzione dei registri all’anagrafe per i bambini delle famiglie arcobaleno?

“L’interruzione riguarda tutti quei sindaci che volevano trascrivere o trascrivevano in tutta Italia. Tutto nasce dalla sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite che ha ritenuto sufficiente come garanzia dei piccoli, l’adozione speciale dei figli del partner. Questo stop non aiuta i bambini ad avere pieni diritti e sono loro che pagano per il modo in cui sono nati o per i genitori che hanno. Alla base di tutto ciò c’è una mancanza fortissima del Parlamento che da anni non legifera per dare diritti, nonostante due sentenze della Corte Costituzionale”.

Migliaia di persone hanno partecipato alla manifestazione in piazza.

La Step Child Adoption avrebbe cambiato la situazione attuale? 

“No, sarebbe rimasta uguale, perché la sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite ha sancito che solo l’adozione speciale del figlio del partner, detta Step Child Adoption, è l’unico modo per regolarizzare quei bambini. Siamo tornati al 2016, quando l’adozione non è stata inserita nella legge, ma è riconosciuta da tutti i tribunali. Il punto vero è che l’adozione co-parentale del figlio del partner non dà pieni diritti e piena uguaglianza a tutti i bambini italiani per cui sui bambini delle coppie omogenitoriali grava un grande vulnus sui diritti. L’unico modo per dare uguali diritti è la responsabilità genitoriale alla nascita, la stessa che avviene per le coppie eterosessuali”.

Al presidio “Giù le mani dai nostri figli e dalle nostre figlie” cosa ha chiesto la piazza?

“La piazza ha chiesto uguaglianza. Ha chiesto che la politica si faccia carico dei diritti di questi bambini così come la Corte Costituzionale chiede da anni che si faccia una legge che dia l’uguaglianza che meritano di avere. La piazza ha chiesto il rispetto pieno dell’articolo 3 della Costituzione. La legge è uguale per tutti, l’uguaglianza è di tutti”.

Le destre in tema di diritti civili hanno sempre accusato la sinistra di dare importanza a problematiche secondarie. A pochi mesi dalle elezioni, eccoli, a metter mano ai diritti. Sono già stati risolti i problemi gravi del paese o si sta spostando l’attenzione su temi ideologici per coprire altro?

“Certo, questa è un’operazione di distrazione di massa. Io, da Cassandra, in piena campagna elettorale, a quanti mi chiedevano cosa sarebbe accaduto ai bambini arcobaleno, alla legge sulle unioni civili o al matrimonio ugualitario, ho sempre risposto che la destra avrebbe cominciato ad attaccare non appena sarebbe stata in difficoltà su tematiche che riguardano l’economia, l’immigrazione, il fisco etc. Finita la luna di miele con il paese avrebbe attaccato su temi ideologici per spostare l’attenzione. È una provocazione in cui non bisogna cadere. Lo sanno bene Elly Schlein e tutti gli altri partiti di sinistra. Bisogna tenere insieme diritti civili e sociali. Dobbiamo parlare di lavoro, di uguaglianza, di giusta retribuzione. Non lasciamoci trasportare su un campo minato. Diciamo le cose come stanno: chiunque può presentare la migliore legge del mondo per riconoscere i bambini o il matrimonio egualitario, ma non passerà mai, perché non ci sono i numeri. Bisogna difendere, sì, i nostri temi senza mollare sugli altri che sono quelli su cui la destra ci accusa di non essere più presenti. Solo tenendo insieme i diritti civili e sociali che riguardano la vita quotidiana delle persone, dei lavoratori e delle famiglie noi possiamo affermare i nostri valori”.

Benito Dell’Aquila

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