Omosessualità e fede: possono coesistere?

Omosessualità e fede

La religione può coesistere con l’omosessualità o l’una tende necessariamente a escludere l’altra? In questo braccio di ferro tra anima e corpo, la fede è un elemento dirompente o come un deus ex machina è l’effetto a sorpresa che può far combaciare le tessere del mosaico? 

Quando si parla di religione e di fede i confini diventano labili, si assottigliano e l’una sfocia nell’altra, eppure sono due aspetti complementari ma differenti.

La religione è un insieme di precetti, di linee guida, dogmi, imposti da uomini per altri uomini. Punti cardine inviolabili che devono estendersi nel tempo e nello spazio per tener ben saldi i punti essenziali su cui la religione stessa si fonda.

La fede è tutt’altro. Non è un semplice credo su di un qualcosa imposto da altri. La fede è una sfera più personale ed intima e riguarda direttamente la singola coscienza in relazione con il divino. Chi crede fortemente nei dogmi della religione è un fervente religioso e non un uomo di fede. La fede, invece, non può essere cieca, ma necessita di cambiare e di continuare a cercare. Non importa se si crede nell’esistenza di un creatore universale o nella teoria del Big Bang, una volta data per certa una credenza, la ricerca è finita.

La redazione di Radio Pride, in vista della puntata di questa sera che avrà come tematica “Omosessualità e Fede” ha intervistato Roberto (ndr nome di fantasia), ragazzo omosessuale che si dichiara cattolico praticante.

Roberto ha 26 anni, vive in un piccolo paese alle falde del Vesuvio, un territorio in cui la religione cattolica è molto radicata, ma dove non mancano neppure credenze popolari fatte di scaramantici rituali e osservanze che con la religione cattolica non c’entrano proprio nulla. Il nostro giovane amico frequenta la parrocchia del suo paese ed è ben inserito nel contesto sociale della sua chiesa.

Roberto, prima di tutto vorrei chiederti se hai fatto coming out con il parroco e con le altre persone della comunità parrocchiale che frequenti. 

Sì, diversi anni fa. Ho deciso che se volevo frequentare quel luogo, non potevo farlo nella menzogna. Certo, non ho un cartellino appeso al collo o una spilla che mi qualifica, ma se mi chiedono o se dai miei discorsi traspare questo aspetto della mia vita… mi dichiaro senza problemi.

Hai mai avuto il timore che i preconcetti della religione cattolica verso gli omosessuali e la comunità LGBT+ potessero influire nel tuo rapporto con la comunità religiosa che frequenti?

Vorrei negarlo, ma il timore c’è stato. Ammetto che non è stato semplice e soprattutto all’inizio, parlarne con il sacerdote della mia chiesa non è stato semplice. Ma ti dirò di più, mi ha stupito la semplicità con cui tutti hanno reagito. Oltre i dogmi che il cattolicesimo impartisce, ci sono delle persone, ci sono degli amici, dei conoscenti e sono convinto che molto spesso si tiri fuori la storia dell’abominio o del peccato solo perché va fatto, perché è prassi, è la morale religiosa a chiederlo, ma credo sia solo di facciata. Non mi sono mai sentito escluso o giudicato.

Omosessualità e fede

Quindi mi stai dicendo che qui si pecca di ipocrisia? 

In parte è così. Poi può essere che alle spalle me ne dicano tante, ma questo resterebbe alle loro coscienze. Posso affermare che il Don della mia comunità non mi ha mai escluso o tenuto nascosto, anzi. In diverse occasioni mi ha presentato come membro attivo della comunità. Scusa il gioco di parole.

Posso chiederti cosa ti ha detto quando hai fatto coming out? 

Beh, a mio avviso è stato molto umano. Mi ha ovviamente spiegato cosa la Chiesa, come istituzione, pensa. Essere omosessuali in sé non è peccato, ma è l’atto carnale, l’avere dei rapporti omosessuali che è peccato, come lo sarebbe avere rapporti sessuali eterosessuali prima del matrimonio o la promiscuità o gli stessi rapporti sessuali post matrimonio, ma protetti da contraccettivi. In questo forse c’è il più grande bigottismo della Chiesa. Il reputare la sessualità come qualcosa da reprimere. Da amico e da uomo, mi disse, invece, che Dio mi conosce già, è lui ad avermi voluto così è che la storia di dover per forza portare una croce come prova di fermezza di fede, non regge. È un giochetto che Dio non farebbe, ma siamo noi umani a farlo.

Ci stai aprendo un mondo sconosciuto! Dovremmo chiedere uno spazio d’intervento nella trasmissione di lunedì. Tu hai una sessualità attiva o tendi a reprimerti? 

Assolutamente no. Ho una sessualità attiva, non promiscua, ma attiva. Preferisco un partner stabile che la classica botta e via. Se si legge l’Antico Testamento ci sono gesti quotidiani che ormai chiunque compie e sono ritenuti abomini e disdicevoli. La Chiesa ormai è andata oltre. Su altre questione resta irremovibile, anche se una sorta di apertura io la vedo, dal basso, dalle parrocchie ed è lì che le persone vivono la loro vita.

Come concili la tua vita con i dogmi della chiesa cattolica? 

A volte tentenno. Credo, però, che sia per tutte quelle nozioni che cercano di inculcarti. Un po’ come quando pensi di rubare qualcosa. Vivi con quel senso di inquietudine. Poi, però, penso che non rubo e quindi non devo sentirmi in colpa per qualcosa che non faccio. Allo stesso modo la mia omosessualità è un tratto distintivo della mia persona, Dio mi conosce e sarà lui un giorno a giudicarmi, non gli uomini.

Ti è capitato di incontrare qualcuno che invece ha fatto leva sull’omosessualità come abominio e che ciò ti condurrà all’inferno? 

Certo che mi è capitato. Ma la Bibbia e il Vangelo sono pieni di passi bellissimi. Quando mi si rivolgono in qualità di moralizzatori, io rispondo sempre con una frase tratta dal Vangelo di Luca: “Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati”. Nel momento in cui loro mi additano e mi giudicano stanno commettendo un peccato e non esistono peccati di serie A o di serie B. Quindi se io pecco, loro sono peccatori quanto me e nel caso ci incontreremo tutti all’inferno.

Qual è il tuo rapporto con Dio? 

È molto personale. Non rispetto tutto ciò che è scritto nella Bibbia o nel Vangelo. Non sono un santo e credo che nessuno lo sia, altrimenti il nostro calendario dovrebbe arricchirsi di nuovi santi e beati. Credo fortemente che Dio, se è onnisciente come ci insegnano, sappia leggere in tutte le anime e voglio credere che nel giorno del giudizio non mi elencherà se ho saltato una messa o se non ho rispettato il digiuno di venerdì. Laura Pausini ha cantato una frase molto bella che dice: “Se esiste un Dio non può scordarsi di me, anche se fra lui e me c’è un cielo nero senza fine.”

Sei così razionale che quasi dubito tu sia un credente. 

È vero! Vuoi che ti ammetta se ho dei dubbi sull’esistenza di Dio? Sì lo ammetto, i dubbi ci sono, ma ne ho anche al contrario. E se poi Dio esiste? A quel punto vale la pena crederci?

Un po’ scommettitore paraculo? 

In realtà credo sia questione di fede. La fede non è misurabile. Non esiste un bilancia che misura il grado di fede. Diciamo che la mia fede è al 50 e 50, pensò piuttosto che gli insegnamenti del Vangelo siano norme giuste di comportamento tra essere umani e se Dio non dovesse esistere, almeno avremo provato a comportarci decentemente tra noi uomini.

Benito Dell’Aquila

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