Addio a Federico Salvatore che nel 1996 cantò a Sanremo il doloroso coming out di un ragazzo omosessuale

Federico Salvatore

Dopo mesi di sofferenze dovute all’emorragia cerebrale che lo aveva colpito nel 2021, si è spento all’età di 63 anni l’artista partenopeo Federico Salvatore, vincitore, tra l’altro, di due dischi di platino nel 1995.
Nel1996 Federico Salvatore, all’epoca giovane cantautore e cabarettista sulla cresta dell’onda, lanciato da Maurizio Costanzo nel salotto televisivo più famoso degli anni novanta e noto per i suoi brani scanzonati e goliardici, spiazzava tutti presentando al 46° Festival di Sanremo “Sulla porta”, una canzone intensa e drammatica che raccontava il sofferto coming out di un ragazzo omosessuale che, pur amando sua madre, è costretto a dirle addio per poter vivere liberamente e senza ipocrisie la propria storia d’amore.
Il brano, inserito nell’album di successo “Il Mago di Azz”, rivelò una matrice inedita della produzione musicale di Federico Salvatore e consentì al grande pubblico di apprezzarlo non solo per la verve dei suoi testi umoristici e satirici, ma anche per la determinazione e la coerenza dei testi di denuncia sociale che saranno sempre più frequenti, da questo momento in poi, all’interno del suo repertorio.

Federico Salvatore, un po’ come era accaduto all’indimenticabile Umberto Bindi, aveva dovuto fare i conti con la censura sanremese e, per esibirsi in gara sul palco dell’Ariston, era stato costretto a cambiare il testo originale di “Sulla porta”, scritta peraltro con Bigazzi e Dati, nella parte che recita «Sono un diverso, un omosessuale» in «Sono un diverso e questo ti fa male». La censura però ebbe la meglio sulla fermezza del cantautore solo per le esibizioni delle prime due serate perché alla terza serata Federico Salvatore interpretò il pezzo nella versione originale, strappando un lungo, meritatissimo e rumoroso applauso al pubblico in sala.
Nonostante la censura imposta dal Festival, la canzone “Sulla porta” di Federico Salvatore ha espresso, in questi anni, in maniera chiara e diretta i sentimenti di tantissime persone LGBT+ che, per essere se stesse e sottrarsi alla falsa morale di una società omofoba e retriva, hanno attraversato enormi sofferenze e sono state costrette, loro malgrado, a dire addio alla propria famiglia di origine.

Claudio Finelli

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