Hiv: perché la scienza fa passi da gigante ma la società rimane indietro.

Vincenzo Sbrizzi

Sapevate che una persona che vive con l’Hiv ma si sottopone a terapie costantemente può avere rapporti sessuali non protetti o avere figli senza trasmettere il virus? Quasi certamente no, eppure non si tratta di una notizia dell’ultima ora ma del risultato di uno studio del 2018. Lo studio Partner ha dimostrato che la terapia antivirale azzera la presenza di virus nel sangue e nello sperma evitandone la trasmissione. Ma perché una notizia del genere è passata sotto silenzio se non tra gli addetti ai lavori. La risposta è complessa e ha a che fare con l’evoluzione della società italiana ma è possibile riassumerla nella parola “stigma”. Chi vive con l’Hiv è ancora coperto da un alone di diffidenza, da quel “non si sa mai” che non ha nulla di scientifico ma che afferisce all’area della superstizione che lo stigma si porta con sé. “Il problema è che si tratta di un virus che si trasmette prevalentemente con l’attività sessuale. L’Italia resta un paese fortemente cattolico che vive il sesso ancora con il senso di colpa e parlare di un virus che è legato a doppio filo al sesso crea ancora disagio tra le persone”. A parlarne è Carlo Oneto Knet, progettista, sociologo e artista che collabora con l’ospedale Cotugno di Napoli. Grazie al progetto in partnerariato tra l’ospedale e Antinoo Arcigay Napoli, vincitore del community award Gilead, l’artista si occupa di informare coloro che non sanno a chi chiedere informazioni sull’HIV proprio a causa dello stigma che il virus porta con sé. Aiuta nell’orientamento anche coloro che hanno scoperto di avere il virus e devono iniziare le terapie fino a permettere a coloro che non possono recarsi in ospedale di ottenere i farmaci presso le loro abitazioni. È lui che spiega i passi avanti fatti dalla scienza di cui però la maggioranza della popolazione non è a conoscenza. Per esempio è poco nota la terapia della post esposizione che permette di intervenire entro 48 ore in caso di rapporti a rischio, una sorta di pillola del “giorno dopo” anti-Hiv. Poco più nota, ma quasi ignorata dagli eterosessuali, è la Prep, un altro strumento che permette di evitare completamente il contagio e che funziona, dicendolo in maniera grossolana, come la pillola anticoncezionale. Tutti strumenti forniti dalla scienza che ha fatto passi avanti straordinari rispetto alla neutralizzazione del virus ma che sono sconosciuti ai più. Oneto lancia per questo l’allarme rispetto all’informazione e alla prevenzione. “Le persone sono spaventate da una comunicazione che spesso non fa altro che terrorizzarle e, anziché controllarsi, preferiscono non sapere”. Non rendendosi conto, però, di diventare un pericolo per se stessi e per gli altri. Sono infatti quest’ultime quelle che diventano le cosiddette “late presenters”, quei pazienti cioè che si controllano e scoprono di aver il virus in una fase già avanzata che nei casi peggiori è addirittura sfociata in Aids portandole poi alla morte. “Una cosa inammissibile nel 2023 e tutto per mancanza di un’informazione corretta e di un atteggiamento sbagliato nei confronti delle persone che vivono con l’Hiv, discriminate ancora soprattutto negli ambienti lavorativi e addirittura da alcuni vecchi protocolli ospedalieri”. Lo stato attuale delle terapie permette alle persone che vivono con Hiv di condurre una vita normale a patto di convivere con le cure. Si tratta di una terapia quotidiana a base del farmaco più adatto al singolo e poi di controlli ogni quattro mesi volti a monitorare l’impatto anche sugli altri organi. Esistono degli effetti collaterali e i medici decidono il farmaco, tra una trentina disponibili, che riducono proprio gli effetti sul paziente. Oltre alla pillola quotidiana esiste anche una terapia basata su una siringa che viene somministrata su base bimestrale ma che risulta essere più costosa per gli ospedali visto che non è coperta dalla Regione. “Il fatto che le persone non muoiano più non significa che si possa evitare di parlare dell’Hiv o di farlo nel modo sbagliato. Si tratta di un virus i cui effetti possono essere neutralizzati ma c’è bisogno di sapere di averlo contratto. Conoscere è l’unico modo per combatterlo e neutralizzarlo” conclude Knet che dedica le sue giornate ad aiutare persone che hanno scoperto di avere il virus e che si sentono sole a causa dello stigma che ancora esiste.

È possibile contattare Carlo allo +39 3283852010, anche via WhatsApp

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