Torna Poetè con i racconti di Emilia Testa: per molte donne, essere lesbica è una condanna alla clandestinità.

Claudio Finelli

Giovedì 15 Febbraio, alle 18:30, tornano gli appuntamenti della rassegna Poetè dedicati alla letteratura Lgbt+ (e non solo).

Giunta al quindicesimo anno di attività, la rassegna, ospitata fino al 2020 presso il salotto del Chiaja Hotel de Charme di Napoli e, dopo la parentesi online del Covid, presso il caffè letterario Il Tempo del Vino e delle Rose, approda da giovedì 15 febbraio nei locali della storica sede di Antinoo Arcigay Napoli, in vico San Geronimo 17.

Il primo incontro sarà dedicato ad Emilia Testa e alla sua raccolta di racconti “SIAMO RIMASTE NUDE NELLO SPECCHIO” pubblicata dalla Giovane Holden Edizioni, che affronta la narrazione dell’amore tra donne.

Oltre all’autrice, che dialogherà come di consueto con Claudio Finelli, referente cultura di Antinoo Arcigay Napoli, sarà presente anche la presidente nazionale dell’associazione lesbica femminista italiana Alfi, Chiara Piccoli.

Per saperne di più sulla raccolta di racconti, contattiamo telefonicamente l’autrice Emilia Testa.

Emilia, “Siamo rimaste nude nello specchio” è una raccolta di cinque racconti al femminile. Cosa unisce le protagoniste di queste storie? Quali sentimenti muovono le loro azioni e i loro percorsi?

Le unisce il coraggio, a un certo punto della loro vita, di alzare la testa di fronte al pregiudizio, di fronte a tutto il negativo che la società incarna nel termine ‘diverso’.

Il sentimento predominante è quello di costruire, ognuna di loro, una nuova se stessa, di riconciliarsi con il reale, di stabilire una poetica delle alleanze e delle somiglianze tra donne.

C’è un personaggio, tra i tuoi racconti, a cui ti senti particolarmente vicina?

Parto dal principio che in ognuna delle mie donne c’è un po’ di me, e io sono ognuna di loro, anche se mi riconosco di più in Marta. E rileggo in lei la mia parabola: da ragazza vivevo molto ‘in solitaria’ il mio essere lesbica, inventavo il mio mondo in uno spazio segreto di desideri e speranze. Il coming out è avvenuto un giorno quando avevo 16 anni e ho detto alle mie nonne: “Io voglio sposare Barbara, perché a me piacciono le donne”. “Chesta è pazza”, hanno risposto in coro, “che scuorno”. Barbara era una compagna di liceo della quale ero innamorata anche se lei neanche lo immaginava. Ma era stata proprio quella parola, detta a denti stretti ‘scuorno’ ad attivare nella me stessa adolescente una profonda ribellione evuna grande audacia. Credo che da quel momento mi sono rivelata sinceramente al mondo, senza più timori.

Perché è importante raccontare storie di amore lesbico? È ancora difficile, a tuo parere, parlare di amore tra donne?

È molto importante, perché ancora oggi per molte ragazze, per molte donne, essere lesbica è una condanna alla clandestinità. Soprattutto in questi tempi di rinnovate angherie da parte di un potere che si rifà alla ‘tradizione’. Raccontare, parlarne, serve ad attivare un cambiamento. Libri scritti da omosessuali, che affrontano e narrano amori al maschile, ce ne sono tanti, gli uomini da sempre hanno più coraggio ad esporsi. Molte donne, tra queste anche qualcuna che scrive, non amano esporsi, per timore di innestare conseguenze più negative che positive. Nascondersi a volte ci difende dagli altri, crea una protezione per continuare a fare quello che facciamo, di nascosto. Ma è un paradosso, perché dovremmo esporci pubblicamente per essere noi stesse. I libri che parlano di amore tra donne possono aprire uno spiraglio, renderci curiose delle nostre vite, farci capire che non siamo sole, che tante tra noi vivono quelle emozioni, quelle aspettative.

A che punto è la notte per quanto riguarda la lesbofobia nella nostra società e nel nostro Paese?

Purtroppo, anche se non è notte piena, siamo ancora lontane dall’alba. La società italiana è ancora pervasa di cultura patriarcale, di misoginia. Per una vita le donne lesbiche sono state escluse da una narrazione comune, dimenticate, a volte offese. Violenze verbali avvengono spesso, per strada, sul posto di lavoro. La comunità lesbica non viene tutelata dal sistema. La lesbofobia nasce anche nelle famiglie di origine, tra le mura di casa. La figlia lesbica tradisce l’aspettativa a sociale e il ruolo di genere che il potere, la società, hanno già stabilito per lei.

Credo che la peggiore forma di lesbofobia è la condanna all’ invisibilità. Ecco perché bisogna fare squadra, tessere reti di vicinanza, condividendo il proprio vissuto, le proprie storie. Anche autogestendosi, per sfuggire al potere e a tutte le sciocchezze di cui ci riempie la testa per proteggere se stesso.

Quali autrici consiglieresti ad una lettrice o un lettore che volesse approfondire l’incontro con la narrazione dell’amore tra donne? Quali autori o autrici hanno segnato la tua scrittura e il tuo immaginario?

Consiglierei di partire dai grandi classici, da Saffo in primis, dai suoi piccoli frammenti di poesia nei quali traluce l’amore della poetessa per le altre donne. Poi in assoluto Virginia Woolf, il suo libro Orlando è l’omaggio che Virginia fece alla sua amante, Vita Sackville West. È stato definito la più bella lettera d’amore mai scritta. Poi Patricia Highsmith e il suo libro Carol, la cui trasposizione cinematografica abbiamo visto un po’ tutte. E ancora Jeanne Winterson con Scritto sul corpo e Delia Vaccarello con Quando si ama si deve partire.

A me in assoluto ha segnato la Woolf per la scrittura, per quel flusso di memoria fatto di mente e cuore, per la profondità del pensiero. Negli ultimi anni ho letto Il tuo nome scritto sull’acqua di Gonzalez Frei Iren, un libro che mi è piaciuto molto, come anche lo stile narrativo. Un libro che ho letto pochi mesi fa, adatto a ragazze adolescenti e che mi ha fatto anche ridere è She drives me crazy di Kelly Quindlen.

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