Al via il Napoli Queer Festival curato da Giuseppe Affinito: cresce l’urgenza di immaginare il mondo in un altro modo.

Claudio Finelli

Sei giorni di eventi, dal 19 al 24 marzo, all’insegna della cultura queer, nel cuore di Napoli, con il coinvolgimento di circa 40  artisti chiamati a dare il proprio contributo. Il Napoli Queer Festival si compone di ben 25 momenti di condivisione culturale: 1 laboratorio di drammaturgia curato da Domenico Ingenito, dal titolo Playlist – Musica da camera; un’ouverture con il bravissimo Mariano Gallo, in arte Priscilla, la più nota drag queen italiana; 2 mostre, una fotografica di Fabio Schiattarella, intitolata Out of The Cage_Beyond the Queerness e un’installazione artistica di Dario Biancullo, Agrifuturismo Trans Vesuvian Counseling. Inoltre la stand up comedy di Simonetta Musitano, volta  a scardinare il sistema binario eterocispatriarcale. E ancora, 3 film cult: Patagonia di Simone Bozzelli, Mater Natura di Massimo Andrei, e Le favolose di Roberta Torre. I film Patagonia e Mater Natura saranno preceduti dall’incontro con i registi; mentre il documentario Le Favolose, sarà introdotto dal focus I favolosi anni ’80 – tracce e storie del movimento di liberazione omosessuale, a cura di Francesca Saturnino (giornalista de “Il Manifesto”) con Antonia Iaia, Nicole De Leo (attrici del film Le Favolose) e Irene Serini (regista e attrice dello spettacolo Abracadabra – Incantesimi di Mario Mieli [#studio4]). Sono previsti, inoltre, 5 eventi performativi, che porteranno a Napoli artisti del panorama nazionale e internazionale: Nina’s Radio Night delle Nina’s Drag Queen, gruppo nato all’interno del Teatro Ringhiera di Milano, l’attivista, performer e ricercatrice, Ilenia Caleo, che nel suo Lesbos restituisce al microfono una cartografia di manifesti trans/femministi del passato; mentre con CONCERTO, la compagnia di danza internazionale Igor x Moreno muove i primi passi nel genere della danza-canzone. E ancora Irene Serini porta a Napoli Abracadabra – Incantesimi di Mario Mieli [#studio4], un percorso teatrale che indaga il pensiero e la vita di Mario Mieli, riferimento intellettuale importantissimo della lotta di liberazione sessuale condotta in Italia dagli anni settanta ad oggi. A chiudere il programma del festival, sarà il concerto di NZIRIA, artista e dj queer di origini napoletane.

Le ricche giornate di eventi culmineranno con serate danzanti e dj-set: 3 le proposte in Sala Assoli: Serata Spaccatacchi delle Nina’s dj-set; COCOMERO, dj-set di Silvia Calderoni; e il dj-set Zum-Zum Queer. Mentre nella serata di sabato 23 marzo si festeggerà al Quartiere Intelligente con È queer la festa?, che ospiterà i dj-set di Nziria e Benedetto Sicca.

Per saperne di più sul Napoli Queer Festival, abbiamo raggiunto telefonicamente il direttore artistico della manifestazione Giuseppe Affinito.

Giuseppe, quando e per quali ragioni hai pensato di organizzare un Festival Queer e come è stata accolta dai colleghi e dall’ambiente artistico questo tuo desiderio?

L’idea di questo festival nasce più di un anno fa. Nel lanciare l’iniziativa ho raccolto il desiderio e il bisogno di moltissime persone. Come ho detto più volte, non è un mio festival ma qualcosa che appartiene in realtà ad una molteplicità variegata e diffusa. La queerness attraversa in maniera traversale e intersezionale più di una generazione. Negli anni ha aperto un discorso politico e umano sempre più incombente e necessario. Nelle mie esperienze però mi sono confrontato con delle realtà che a Napoli fanno ancora fatica ad emergere. Mi piaceva l’idea di proporre una rassegna che comprendesse varie discipline, per fare accadere a Napoli qualcosa che si ispirasse, nella natura, nella forma, anche ad altri territori e altre tendenze. La maniera più sensata, per me che vengo dal teatro, di smuovere le coscienze e mandare un messaggio, è attraverso il canale artistico. E per fortuna ho trovato da subito moltissima disponibilità ed entusiasmo da parte di tutt.

Napoli è probabilmente una città ad altissimo tasso di vocazione “queer”: inclusiva da sempre, contaminata culturalmente e storicamente, fucina di progetti artistici sempre all’avanguardia come quello portato avanti dal tuo maestro Enzo Moscato. Quali aspettative riponi in questo Festival? In questo incontro tra Napoli e la Queerness?

A Napoli ci sono tante persone che cercano da tempo di tenere vivo il dibattito sul queer. Al contempo c’è qualcosa che forse va aggiornato, che va sottolineato. Cresce sempre di più l’urgenza collettiva di immaginare il mondo in un altro modo, che tenga conto e difenda tutte le minoranze e le marginalità sotto attacco in questo momento, di provare ad allargare i confini e il senso dell’inclusione per dare visibilità a chi ancora subisce violenza e ostracismo. Più Napoli si chiude nell’autoreferenzialità nazionalpopolare di una capitale turistica e gentrificata che offre solo un certo tipo di rappresentazione, di narrazione, di sé e dell3 altr3, più viene sottratto spazio e attenzione a chi esula dai codici della normatività. Chi non può essere controllat perché non può essere normat, determinat. Sono fiducioso che una rassegna come questa possa apportare solo qualcosa di bello. Fosse solo per il fatto che la proposta artistica è di valore. Non dimentichiamoci che tutto questo è fatto per amore dell’arte innanzitutto.

infine, chi è oggi – a tuo parere – l’artista o l’intellettuale italiano più “queer”?

Credo sarebbe davvero scorretto da parte mia, che devo ancora compiere 29 anni, arrogarmi il diritto di eleggere una persona piuttosto che un’altra a “persona più queer del momento”, come se fosse vincitrice di un premio, detentrice di un titolo. Queer è per me anche rinunciare alla possibilità di sovradeterminare attraverso i propri strumenti la natura esterna di un’altra persona. Rimodellare le esigenze e le aspettative di una società che radica le sue fondamenta nel giudizio, nel confronto, nella maggiore o minore meritevolezza di qualcosa, nella contrapposizione faziosa, nella gara, nella performatività. Ci educano alla prevaricazione e alla frustrazione della sconfitta. Queer è anche liberarsi dall’anelito alla vittoria, al successo, ad avere la meglio su un altro. Queer è anche l’arte del fallimento, e nel dire questo cito un libro importante di Jack Halberstam. Siamo tutt3 pecore nere. Così come l3 straordinari3 artist3 che sono presenti nel programma del festival.

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