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Scatta interrogazione parlamentare sul caso della drag queen Priscilla: “La destra usa armi di distrazione di massa”

La Lega si infuria: “Una drag queen bardata con la kefiah”. L’artista risponde: “Non mi zittirete, la kefiah è un simbolo culturale ricco di significato”

Scatta interrogazione parlamentare sul caso della drag queen Priscilla: “La destra usa armi di distrazione di massa”

Cultura Queer, Diritti civili, Scuola

9 Maggio 2025

Di: Francesca Saccenti

Scoppia la polemica tra la drag queen Priscilla – nome d’arte dell’attore e attivista Mariano Gallo – e il deputato della Lega Rossano Sasso (capogruppo in Commissione Cultura, Scienza e Istruzione), che ha annunciato la presentazione di un’interrogazione parlamentare al ministro Giuseppe Valditara. Pomo della discordia un incontro tenuto dall’artista, all’interno del liceo Munari di Acerra nel mese di gennaio durante l’iniziativa ‘la Settimana dello Studente’ e documentato sui social. I temi trattati sui banchi di scuola avrebbero fatto storcere il naso alla destra.

Priscilla, sono passati quasi quattro mesi dal confronto, si aspettava una risposta a scoppio ritardato?

Quando ho pubblicato i video e le foto su Instagram, ho fatto anche una provocazione. Ho detto: ”Chissà cosa ne pensano la Lega e i Fratelli d’Italia!”. Attendevo una reazione immediata e invece sono trascorsi dei mesi.

Come se lo spiega?

È semplice, come al solito la destra usa ‘armi di distrazione di massa’. Il popolo italiano e l’elettorato si stanno svegliando, si stanno rendendo conto di tutti i disastri commessi dall’esecutivo, di tutte quelle promesse non mantenute in campagna elettorale. Anche sull’ignobile questione del genocidio in Palestina, non hanno preso una posizione. Non hanno rilasciato dichiarazioni. Il modus operandi è sempre lo stesso: creare degli strumenti per allontanare le persone da tematiche importanti. Un giorno la minaccia sono i migranti e quello dopo le famiglie arcobaleno, la gestazione per altri o il diritto all’aborto.

Vogliamo fare chiarezza sulla polemica che in queste ore sta montando fino alla proposta (al momento non ancora formalizzata) dell’interrogazione parlamentare?

Voglio precisare in primo luogo che non non si trattava di una lezione. Il dibattito di gennaio rientrava in un progetto più grande, che si chiama ‘La Settimana dello Studente’, un’iniziativa completamente autogestita. Sono gli studenti e le studentesse a scegliere chi invitare e gli argomenti da trattare. Hanno deciso di confrontarsi con una sessuologa, con un rappresentante della Protezione civile e di incontrare Priscilla. Abbiamo parlato di bullismo, di omolesbobitransfobia e di diritti civili. Mi hanno anche chiesto di raccontare il mio punto di vista sulla Palestina. Il fatto che Rossano Sasso continui a sostenere che io sia andata a svolgere una lezione in un liceo è assolutamente sbagliato. Ho raccontato la mia esperienza da attivista, che ha preso una posizione pubblica sulla Palestina, e da persona gay bullizzata quando aveva la loro età.

C’è una frase incriminata che sta facendo discutere. In una nota il deputato Sasso l’ha etichettata come “un soggetto che, senza alcuna competenza, fa formazione, dicendo ai nostri ragazzi che spesso, quello che viene costruito a scuola, viene distrutto a casa dalle famiglie”…

Si tratta di una dichiarazione decontestualizzata, estrapolata da un discorso molto più ampio. Uno studente mi ha chiesto: “Priscilla, lei ha usato il termine tossicità, non crede che questa parola possa essere utilizzata anche in riferimento alle famiglie che non accettano i propri figli per il loro orientamento sessuale? È molto più doloroso non sentirsi accettati dai propri genitori piuttosto che dalla società in cui viviamo”. Dalla riflessione è partita la mia risposta. Ho sottolineato quanto siano fondamentali la famiglia e la scuola perché rappresentano i nuclei di formazione di un giovane ragazzo/a, e mi sono soffermata su alcuni episodi di cronaca, che testimoniano a volte quanto le famiglie possano essere tossiche. Fatti che sono stati diffusi dagli organi di stampa, come ad esempio la storia del ragazzo aggredito dal padre con la chiave inglese. Ho concluso dicendo: “A volte i genitori alzano un muro perché non hanno gli strumenti per capire cosa significhi avere un figlio omosessuale o una figlia lesbica. I genitori possono però anche essere aiutati dagli stessi insegnanti o dalle associazioni”. 

“Una drag queen bardata dalla kefiah”, l’ha definita l’onorevole Sasso?

La Kefiah non è un accessorio del mio costume da drag, ma rappresenta un simbolo culturale che per me assume un grande valore e significato. Scelgo di indossarla come dimostrazione tangibile della mia vicinanza al popolo palestinese. Non ho mai suggerito ai ragazzi di assumere una posizione pro Palestina perché sono consapevole, che soprattutto in questa età, debbano sviluppare il proprio spirito e pensiero critico. Mi hanno semplicemente chiesto di raccontare da dove nascano le mie idee pro Palestina e perché in quanto persona gay abbia scelto di manifestarle. Secondo la mentalità comune mi esporrei contro un popolo omofobo. 

Si sente sconfitta?

No, sono determinata. Porterò avanti la mia battaglia con ancora più convinzione incontrando gli studenti per parlare di diritti civili, omolesbobitransfobia e del sostegno alla Palestina.