Papa Leone XIV rilancia pace e giustizia, ma esclude le famiglie arcobaleno
Leone XIV e la famiglia: la definizione restrittiva del Pontefice riaccende il dibattito sull'accoglienza nella Chiesa.

Nel discorso al Corpo diplomatico, il pontefice parla di verità, disuguaglianze e famiglia “fondata sull’unione tra uomo e donna”, sollevando dubbi sulla reale apertura verso le persone LGBTQIA+.
Fanno discutere le parole utilizzate da papa Leone XIV durante l’incontro con il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Il Papa affronta importanti questioni come la pace, la giustizia, le migrazioni, l’intelligenza artificiale e la famiglia riconosciuta come “semplice e antica istituzione fondata sull’unione tra uomo e donna”.
Il discorso del Papa ruota sostanzialmente intorno a tre parole pace, giustizia e verità. Fin da quando è stato eletto Leone XIV ha evocato la pace intesa come la fine di tutte le guerre, un messaggio di speranza che in un periodo come questo risulta piuttosto efficace. Inoltre, l’incontro con la Diplomazia e il volere intervenire in qualità di mediatore tra Russia e Ucraina dimostrano le effettive intenzioni. Aggiunge inoltre “La pace si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando l’orgoglio e le rivendicazioni, e misurando il linguaggio, poiché si può ferire e uccidere anche con le parole, non solo con le armi”.
Il messaggio è importante e valido per tutti, le parole possono essere armi che uccidono e feriscono le persone a cui vengono indirizzate e il Papa che si rivolge a miliardi di persone lo sa benissimo. Eppure, nella stessa sede, poco dopo, continua con altre affermazioni che non lasciano dubbi sulla sua visione di famiglia che preclude l’accesso alle persone LGBTQIA+. Ed è proprio quando parla di giustizia, intesa come un riequilibrare le differenze sociali, rivendicare l’attenzione degli ultimi, ai dimenticati che papa Leone XIV si dimentica della comunità queer ma anzi l’affonda. Qui il discorso estrapolato dal Corriere della Sera.
La famiglia, fondata sull’unione stabile tra uomo e donna
“Perseguire la pace esige di praticare la giustizia. Come ho già avuto modo di accennare, ho scelto il mio nome pensando anzitutto a Leone XIII, il Papa della prima grande enciclica sociale, la Rerum novarum. Nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, la Santa Sede non può esimersi dal far sentire la propria voce dinanzi ai numerosi squilibri e alle ingiustizie che conducono, tra l’altro, a condizioni indegne di lavoro e a società sempre più frammentate e conflittuali. Occorre peraltro adoperarsi per porre rimedio alle disparità globali, che vedono opulenza e indigenza tracciare solchi profondi tra continenti, Paesi e anche all’interno di singole società. È compito di chi ha responsabilità di governo adoperarsi per costruire società civili armoniche e pacificate. Ciò può essere fatto anzitutto investendo sulla famiglia, fondata sull’unione stabile tra uomo e donna, società piccola ma vera, e anteriore a ogni civile società”.
Il papa ci spiega ancora una volta la scelta del suo nome che si rifà principalmente a Leone XIII che con la sua enciclica Rerum Novarum avviò un’azione di rinnovamento all’interno dell’Istituzione ecclesiastica. Sebbene questa faccia presagire una forza innovatrice del nuovo Pontefice, tuttavia, ci chiediamo dove essa risieda nel momento in cui non vi sono passi avanti né aperture da parte di questa. L’azione innovatrice che tiene conto dei tempi che cambiano non può esimersi dall’includere tutte le comunità, inclusa quella LGBTQIA+ in quanto esiste e parte di questa ha fede e non vuole più sentirsi ignorata da un’Istituzione che dovrebbe accogliere tutti i fedeli senza discriminazioni. L’azione innovatrice per tanto prima di passare per le vie tecnologiche annunciate deve passare per quelle sociali e culturali affinché il messaggio di pace e giustizia sia effettivamente efficace, altrimenti resta vano. Nel discorso qui riportato l’appello ai governi di tutelare la famiglia poteva essere di fatto completo già così, ma specificando “quale unione stabile tra uomo e donna” restringe a quest’unica tipologia come quella unicamente valida, escludendo non solo le famiglie arcobaleno, ma anche numerose forme familiari, sempre più diffuse, caratterizzate da legami affettivi al di fuori del vincolo matrimoniale.
Tuttavia, le famiglie arcobaleno sono in crescita
nonostante le mille difficoltà che incontrano sul loro cammino. Ricordiamo ad esempio la rimozione dal certificato di nascita del genitore non biologico da parte della Corte di Cassazione che cancella il diritto sia del bambino ad avere una figura genitoriale sia dello stesso genitore che si vede negata la potestà di suo figlio. Il legame di sangue non può essere l’unico vincolo di riconoscimento della potestà genitoriale e questo la giurisdizione lo sa ma lo dimentica per le coppie omosessuali. Altro esempio è l’istituzione del Reato Universale per la GPA (Gestazione per altri). Gli italiani che ricorrono a questa pratica, anche all’estero, vengono perseguiti penalmente e rischiano la reclusione da tre mesi a due anni e con una multa da 600.000 a un milione di euro, solo per mettere su famiglia. Questo tipo di reato di solito lo si imputa a chi commette reati gravi come un genocidio, crimini di guerra e schiavitù, insomma a chi la vita la toglie e non a chi invece vuole metterla al mondo; eppure, in Italia è perseguito “universalmente”.
La forza dell’amore che tiene unita una famiglia arcobaleno è spesso ancora più potente di quella che si trova in molte famiglie tradizionali, perché è l’amore stesso — e non il legame biologico — a definirne l’identità. Questo, la Chiesa dovrebbe saperlo.
Infine, il Pontefice ha parlato anche di verità affermando “Da parte sua, la Chiesa non può mai esimersi dal dire la verità sull’uomo e sul mondo, ricorrendo quando necessario anche a un linguaggio schietto, che può suscitare qualche iniziale incomprensione. La verità però non è mai disgiunta dalla carità, che alla radice ha sempre la preoccupazione per la vita e il bene di ogni uomo e donna”.
La verità sull’interpretazione delle parole non può essere sempre libera, ma la comunicazione efficace necessita di spiegazioni e queste le vogliamo dal papa. La verità è che il 267º pontefice che si fa portare di un messaggio rinnovatore, in un’epoca che muta rapidamente, come da lui stesso affermato, non può limitarsi a semplici parole ma a fatti che dimostrano che l’innovazione sia reale e che la Chiesa sia effettivamente accogliente, perché nessuno sia effettivamente lasciato indietro o escluso.
