Intervista a Mara Carfagna: “Più forte la componente liberale, migliore la risposta sui diritti. Sul matrimonio egualitario bisogna essere realisti”
Dall'urgenza di "far vivere" i diritti conquistati e contrastare l'odio omotransfobico nelle scuole e sul web, alla preoccupante recrudescenza dell'antisemitismo: l'ex Ministra traccia un bilancio tra l'impegno per le tutele e la necessità di riformare l'Europa.
Oggi abbiamo il piacere di dialogare con Mara Carfagna, figura di spicco della politica italiana, il cui impegno politico si è spesso incrociato con il tema dei diritti civili. L’onorevole Carfagna, oggi segretaria nazionale di Noi Moderati, ha ricoperto un ruolo fondamentale come ex Ministra per le Pari Opportunità nel IV Governo Berlusconi. In quel periodo, si distinse per una visione progressista, battendosi con successo per ampliare le competenze dell’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) affinché potesse contrastare attivamente le discriminazioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere, in linea con le direttive europee.
Questa sensibilità si è manifestata anche negli anni successivi: ricordiamo la sua partecipazione nel 2014 alle iniziative per il 30° anniversario di Antinoo Arcigay Napoli, testimoniando un impegno diretto nel dialogo con la comunità LGBTQIA+. Un anno dopo, nel 2015, ha promosso e guidato la costituzione del Dipartimento per i Diritti Civili all’interno di Forza Italia, un segnale forte e inedito nel panorama del centrodestra di allora.

Con questo bagaglio di esperienze e scelte, l’intervista che segue affronta i temi caldi del presente: dall’autonomia dell’UNAR e il suo ruolo nella scuola, al futuro delle tutele per la comunità LGBTQIA+, passando per le sfide geopolitiche e la ricerca di un’identità liberale e pragmatica nella destra italiana.
Sull’autonomia dell’UNAR e il ruolo della scuola
Lei da ministra per le Pari Opportunità si è battuta con forza affinché l’UNAR, in linea con le direttive europee, si occupasse di tutte le forme di discriminazione, incluse quelle legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Oggi, tuttavia, assistiamo a una decisione dello stesso Ufficio di cassare ogni intervento e progetto avviato nelle scuole per i centri antidiscriminazione, nonostante lei stessa ribadisca l’importanza cruciale della prevenzione e dell’educazione per contrastare il bullismo omotransfobico. Come giudica questa scelta, che sembra minare alla base il ruolo di prevenzione dell’UNAR e contraddirne la missione? Non crede che l’UNAR, così come chiesto dalle direttive europee, dovrebbe avere una reale autonomia dalla politica?
Il fatto che l’Unar dipenda direttamente dalla Presidenza del Consiglio e che il suo direttore sia di nomina politica pone indubbiamente il tema dell’autonomia, ma è anche vero che la collocazione in ambito istituzionale dell’Ufficio garantisce un più stretto coordinamento con le politiche del governo. Detto questo, la riflessione è aperta: l’importante è affrontarla senza pregiudizi ideologici, ma con l’obiettivo e la volontà di rafforzare gli strumenti di tutela dei diritti in modo concreto.
Sul rapporto con la comunità LGBT+ e le tutele concrete
Nell’intervista di Simone Alliva sul “Domani”, lei parla di un “buon rapporto di interlocuzione e confronto” con la comunità LGBT+. Al di là del dialogo, che è senza dubbio un presupposto importante, quali passi concreti e quali proposte legislative ritiene che un centrodestra a trazione liberale, come quello che lei auspica, dovrebbe promuovere oggi per tradurre questo confronto in tutele reali e non più rimandabili? Pensa che sia tempo di superare la pur importante legge sulle unioni civili per affrontare con coraggio il tema di una piena uguaglianza, dal matrimonio egualitario a una legge che finalmente tuteli, in una logica non patologizzante, il diritto all’autodeterminazione delle persone transgender e non binarie?
Bisogna essere realisti. Il matrimonio egalitario, che comprende la parificazione del diritto ad adottare, e il riconoscimento legale del genere non binario sono inimmaginabili con un governo di destra che anche su questi temi ha chiesto e ottenuto la maggioranza dei consensi. Personalmente credo che l’urgenza in questo momento sia “far vivere” i diritti conquistati in tempi recenti sotto il profilo legislativo ma non ancora pienamente assorbiti dalla cultura generale del Paese. I casi di omofobia, transfobia, di bullismo scolastico, costituiscono una vera emergenza connessa anche all’uso irresponsabile dei social. Anche per questo ho proposto una norma contro l’anonimato online e per alzare la vigilanza e la rimozione di contenuti illeciti o violenti.
Sull’adozione oltre i “casi particolari”
Sulla stepchild adoption, lei ha menzionato lo strumento delle “adozioni in casi particolari”. Le associazioni e gli esperti legali, però, sottolineano da anni come questa via sia giuridicamente incerta, lunga, costosa e, soprattutto, lasci ampi e pericolosi vuoti di tutela, in particolare per i figli delle coppie di due padri. Non crede sia arrivato il momento, nell’interesse supremo dei minori, di superare questo approccio caso per caso e legiferare per un’adozione piena e uguale per le coppie omogenitoriali? E, allargando il campo, quale sarebbe la sua posizione sull’estensione del diritto di adozione anche per le persone single, una realtà sociale sempre più diffusa nel nostro paese?
Ho sempre sostenuto che in ogni processo finalizzato all’adozione la priorità deve essere l’interesse del minore e continuo a pensarla allo stesso modo. Per cui nessuna preclusione verso interventi che consentano di ampliare le possibilità di perseguire questo interesse. Conosco tanti padri e tante madri single che curano i loro figli con amore e dedizione enormi: è bello pensare che tanti bambini possano essere sottratti all’orfanotrofio per crescere con un genitore ‘vero’. Ma, ripeto, la bussola resta e deve restare l’interesse del minore.
Sul quadro geopolitico e il ruolo dell’Europa
Allargando lo sguardo oltre i confini nazionali, il mondo è attraversato da crisi drammatiche: dalla guerra di aggressione russa in Ucraina al riesplodere del conflitto in Palestina, con un carico di violenza e sofferenza inaccettabile. Di fronte a questo scenario, qual è la sua visione sul ruolo che l’Italia e, soprattutto, l’Europa dovrebbero assumere? Come si possono difendere con efficacia i principi del diritto internazionale e dei diritti umani, e quale strada deve percorrere l’Europa per diventare un attore geopolitico unitario e rilevante, capace di promuovere pace e stabilità?
“L’Europa è a un bivio decisivo: o diventa vera Unione o si condanna all’irrilevanza. Stiamo vivendo una fase storica di enorme complessità, tra la minaccia rappresentata dalle mire espansionistiche della Russia, il disimpegno degli Stati Uniti nel garantire protezione militare, la crisi terribile in Medio Oriente, le tensioni commerciali sui dazi, le sfide di competitività poste da Stati Uniti e Cina, i rischi per l’Occidente legati al consolidarsi dell’asse Mosca-Pechino. L’Ue per ora è rimasta su molti temi relegata ai margini, perché divisa, frenata dagli egoismi nazionali, incapace di prendere posizioni chiare e nette. Lo ha sottolineato più volte Mario Draghi, con ripetuti richiami all’unità, alla rapidità nelle decisioni, al superamento della logica del no, all’alleggerimento della burocrazia. Perciò, se vuole uscire dall’angolo l’Europa deve riformare se stessa e farsi Stato; deve iniziare a parlare con una sola voce; deve abbattere quei dazi occulti, quelle barriere interne – normative, burocratiche, regolatorie e spesso anche ideologiche – che ne frenano lo sviluppo e la crescita. Serve un’Unione europea più sicura di sé.
Sui pericoli dell’antisemitismo
In questo contesto di forti tensioni internazionali, assistiamo in Europa, e purtroppo anche in Italia, a una preoccupante recrudescenza di atti di antisemitismo, spesso mascherati da una critica politica verso lo Stato di Israele. Quanto la preoccupa questo fenomeno e quale ritiene sia la risposta più efficace che la politica e la società civile devono dare per contrastare l’odio antisemita in ogni sua forma e riaffermare che non c’è spazio per l’ambiguità su questo tema?
Sono molto preoccupata, impossibile non esserlo. Negli ultimi due anni è riesploso un antisemitismo sempre più violento e pericoloso, che si sta diffondendo come un virus nelle nostre società. Un antisemitismo che trova terreno fertile nell’ignoranza e nel pregiudizio antiebraico, che cancella il 7 ottobre, che usa la tragedia di Gaza per criminalizzare un intero popolo e giustificare la caccia all’ebreo, che inneggia alla cancellazione di Israele. Contro questo nuovo-vecchio antisemitismo serve una risposta politica e culturale. L’antisemitismo, in tutte le sue forme, va riconosciuto e condannato senza ambiguità. La cosa che più preoccupa è quella parte della politica che dà legittimazione e copertura alle frange più estremiste per un proprio tornaconto elettorale. C’è poi bisogno di intervenire su educazione e cultura, promuovendo strumenti educativi e formativi per spiegare che l’antisemitismo è una minaccia per ogni Stato democratico. Mai minimizzare, mai banalizzare: la storia insegna, purtroppo, fino a dove può arrivare l’odio antisemita quando non trova argini efficaci a fermarlo.
Sul significato di “destra” e “sinistra” oggi
In conclusione, lei afferma, sempre dell’intervista sul “Domani” che «più forte sarà la componente liberale del centrodestra migliore sarà la risposta sui diritti e sulle libertà». In un’epoca di forte polarizzazione, dove le etichette politiche tradizionali sembrano spesso inadeguate a descrivere la complessità del presente, cosa significa per lei, oggi, essere “di destra”? E in cosa si differenzia in modo sostanziale la sua visione liberale dei diritti e della società da quella di una sinistra moderna e progressista, anch’essa attenta a questi temi?
Per me essere di destra significa riconoscersi in una cultura liberale, popolare, europeista, garantista, in un’idea di politica centrata sul pragmatismo, sulla concretezza, sulla competenza, sulla capacità di dialogo. La mia destra è quella che si identifica con la moderazione, la pluralità e la responsabilità, non con l’estremismo, è quella che lavora per dare ai cittadini soluzioni, non slogan o propaganda. Mai come adesso c’è bisogno di valori liberali e moderati, valori che devono essere discussi in primo luogo in Parlamento, attraverso il confronto, deponendo ideologia e pregiudizi. La sinistra è invece su molti temi radicalizzata su posizioni ideologiche: sul lavoro, sulla sicurezza, sull’immigrazione, sulla Giustizia, sull’ambiente e, spesso e purtroppo, anche sui diritti civili. E questo talvolta non favorisce un confronto costruttivo.